Abbazia di Nonantola - Museo Benedettino e Diocesano d'Arte Sacra Tel. 059.549025 - info@abbazianonantola.it

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Abbazia di Nonantola, LO SAPEVI CHE...

 
Abbazia Nonantola Lo sapevi che Sciamito
 
 
All’interno della nicchia ricavata nel vuoto murario era collocata una cassetta in legno di noce da cui fuoriuscivano frammenti di stoffa che hanno sollecitato la visione completa del contenuto.
Una volta aperta, essa ha rivelato una cospicua serie di oggetti, oltre 300 tra tessuti, piccoli reliquiari, schegge ossee, croci, chiodi, borchie, puntali, paste vitree, pietre dure, bottoni, monete e lamine metalliche, sistemati alla rinfusa, differenti tra loro quanto a materiali, epoca, fattura e stato conservativo. A seguito di una loro accurata visione e catalogazione, si è ipotizzato potersi trattare del materiale proveniente dalla ricognizione delle reliquie dei Santi nonantolani effettuata nel 1914.
Da un punto di vista artistico, tra i vari manufatti rinvenuti, risultano particolarmente rilevanti i due frammenti tessili maggiori, di colore rosso e giallo, che mostrano una raffinatezza esecutiva straordinaria, oltre che motivi iconografici antichi e rari.
A questo primo rinvenimento ha fatto seguito, il 30 ottobre 2004, la fortuita scoperta di un terzo reperto in una busta dell’Archivio della Curia Abbaziale, che è un’ulteriore e notevolissima porzione dello sciamito rosso precedentemente trovato e a cui è stato ricongiunto in fase di restauro.
 
 
Abbazia Nonantola Lo sapevi che Croce
 
 
Secondo le fonti attualmente a nostra disposizione, la reliquia della Vera Croce fu lungamente cercata con cura da S. Elena ,e quando fu certa di averla ritrovata e sicura della sua provenienza, ne fece tre parti: una la lasciò alla Chiesa di Gerusalemme, un’altra la inviò a Roma e la terza la mandò a suo figlio, imperatore di Costantinopoli.
Quest’ultima giunse poi a Nonantola poiché l’imperatore la donò, in segno di gratitudine, ad alcuni monaci recatisi a Costantinopoli per un’ambasceria in rappresentanza di Carlo Magno e degli imperatori carolingi. Il legno misura 29 cm di altezza e 18 di larghezza, ed ha uno spessore di 2 cm.
Una lamina d’oro pallido la avvolge, lasciandovi un’apertura cruciforme sulla facciata, permettendo di vedere il sacro legno. Sulla faccia anteriore vi sono cinque dischetti circolari contenenti particelle di terra dei luoghi della Passione di Cristo. Sul retro vi sono sei dischi smaltati raffiguranti le effigi di Santi della Chiesa Orientale.
La devozione dei nonantolani per questa insigne reliquia si è manifestata soprattutto quando la nostra terra fu colpita da calamità. Sono diverse le attestazioni di speciali processioni compiute in difficili circostanze. Ricordiamo, ad esempio, quella del 10 Giugno 1755 per ottenere una tanto attesa pioggia, raccontataci da Don Andrea Placido Ansaloni. Fin dalla notte precedente al giorno fissato per la processione penitenziale cominciarono ad affluire a Nonantola genti da ogni dove.

Oggi la stauroteca della Santa Croce è custodita nel Museo Benedettino e Diocesano d’Arte Sacra ed è esposta all’adorazione dei fedeli il 14 Settembre di ciascun anno, Festa dell’Esaltazione della Santa Croce, ed il Venerdì Santo, durante la Solenne Azione Liturgica della Passione del Signore, a cui segue una processione serale per le vie del centro storico di Nonantola.

 

Abbazia Nonantola Lo sapevi che Colonne

 

Il protiro poggia su due leoni stilofori, per mezzo di due appoggi, uno di forma circolare e l’altro di forma quadrata: questi simboleggiano le due nature di Cristo Signore, rispettivamente quella divina e quella umana. Se guardiamo bene riusciamo a scorgere che i due leoni stringono con le zampe due prede: il leone è immagine di Cristo, vincitore della morte, che tiene questa in scacco.

 

Abbazia Nonantola Lo sapevi che Avi di Dante

 

Dante Alighieri, definito il “padre della lingua italiana”, ha forse fra i suoi antenati notai dell’abbazia di Nonantola, Aldighieri o Adigerio, i nomi dei quali compaiono in diversi documenti presenti presso l’Archivio Abbaziale. Questo legame è ricordato da un bassorilievo presente a palazzo Previdi. Un palazzo del paese dove è raffigurato Dante che incontra nel Paradiso il suo avo Cacciaguida, il quale gli ricorda che il suo cognome derivò da una donna di Val di Pado, quiandi dalle terre di Nonantola.

 

Abbazia Nonantola Lo sapevi che Corallo Polittico

 

Al corallo, nei secoli e in diverse culture, sono stati attribuiti simboli di vita e rigenerazione, ma anche di rarità e bellezza. Il corallo deve la propria fortuna, in vari campi, alla sua forma, al suo colore e alla sua misteriosa natura. Pensate che per secoli l’uomo lo ha fatto convivere nei tre regni: quello animale, vegetale e minerale, senza mai relegarlo definitivamente in uno di essi. Il corallo ha assunto così, fin dall’antichità, proprietà curative e apotropaiche. Veniva, ad esempio, inserito nella decorazione delle armi e nei corredi funerari dei guerrieri Celti. Usato come amuleto sia nella maternità che negli infanti, lo troviamo in alcune opere sacre al collo del bambin Gesù, come simbolo di protezione.

 

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La stauroteca a doppia traversa del Tesoro Abbaziale (sec. XII, Costantinopoli) presenta nella fascia centrale due angeli dolenti, di indubbio gusto bizantino, raffigurati nell’atto di asciugarsi, mediante l’ausilio di un fazzoletto, le lacrime causate dal dolore della morte del Figlio di Dio. Di singolare somiglianza possiamo trovarli nel Compianto sul Cristo Morto della Cappella degli Scrovegni di Padova, celeberrimo capolavoro di Giotto, che con la sua opera si fa artefice di una nuova lingua visiva. Nel XIII secolo era avvenuta una mutazione della sensibilità teologica. Si sviluppò una teologia nuova, volta a sottolineare l’umanità del Salvatore, arrivando a sancire nella raffigurazione pittorica la centralità del dato umano e della sofferenza. Giotto inventò una nuova lingua pittorica e trasferì per la prima volta il pathos della vita umana nella rappresentazione visiva, creando così un immaginario figurativo che fino a quel momento era ignoto. Giotto dipinse le prime lacrime, le prime facce espressive della storia della pittura; come quelle degli angeli addolorati attorno alla croce del Golgota. Nella Cappella degli Scrovegni la disperazione degli angeli che si strappano le vesti è la rappresentazione di un sentimento umano che fino ad allora non si attribuiva alle creature celesti. Il sentimento sta entrando nelle arti visive, assieme alla realtà, ed è questa senza dubbio la più significativa rivoluzione di Giotto. Data la somiglianza degli angeli della Cappella degli Scrovegni con quelli della stauroteca di Nonantola, possiamo ipotizzare che Giotto sia entrato in contatto con questa opera nel suo tragitto dalla Toscana verso Padova? Possiamo sostenere che, insieme alla tradizione degli affreschi dell’antichità che probabilmente aveva visto a Roma, questa possa avere influenzato la sua opera a Padova?

 

Angeli del Compianto su Cristo Morto di Giotto Cappella degli Scrovegni

Angeli del Compianto su Cristo Morto, Giotto, Cappella degli Scrovegni, Padova, 1303-1305, affresco

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